Dovremmo sottrarci alla logica bellica degli opposti schieramenti in campo (filopalestinese, filoisraeliano) e adottare un punto di vista che vada...

Tratto da MicroMega di Giuliana Sgrena

Celebrare l’International hijab day mentre le donne iraniane – e non solo le donne – mettono a rischio la loro vita per eliminare il chador è una sconfitta culturale e politica di chi, in occidente, sostiene di difendere i diritti delle donne. Paradossalmente in occidente si difende il diritto di portare il velo mentre nei paesi musulmani le donne lottano per il diritto a non portarlo.

Tratto da Comune Info

Denunciare l’apartheid israeliana contro la popolazione palestinese è un’attività politica, quindi non si può fare. Lo sostengono l’azienda dei trasporti di Torino e Mondadori a Milano, proprietarie degli impianti che ospitano pubblicità sui pannelli luminosi delle pensiline. La campagna non gradita è nata dal basso a Firenze per denunciare, anche sulla base del dossier di Amnesty International, le leggi e le violente pratiche di oppressione dello Stato ebraico che nega il diritto all’autodeterminazione – e ad esistere come popolo – ai palestinesi. Sulla possibilità di utilizzare il concetto di apartheid, non necessariamente identico a quello adottato fino al 1991 in Sudafrica, si veda anche l’ampia e bella recente intervista a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.

I pannelli luminosi che riportano la denuncia di Amnesty e la condanna dell'Apartheid israeliano devono spegnersi a Torino e mai accendersi a Milano.

I contratti stipulati sono stati rescissi e il danaro già versato sarà restituito.

L’Azienda Trasporti GTT, proprietaria degli impianti a Torino, non ammette messaggi di connotazione politica e Mondadori a MILANO inibisce il caricamento di messaggi con richiamo ad attività politiche.

Tratto da Il Sole 24 Ore, di Ugo Tramballi Il turista che arriva a Gerusalemme, camminando nei vicoli e fra i mercati della Città Vecchia, s’illude di assistere a un miracolo: ebrei, musulmani e cristiani; sinagoghe, moschee, chiese; arabi ed ebrei insieme dentro gli 0,9 chilometri quadrati chiusi dalle mura ottomane del XVI secolo in una contaminazione virtuosa. E’ un abbaglio. Il reclutamento è già in corso. A partire dalla descrizione della prima pietra antica incontrata, la guida scelta dall’inconsapevole turista è al lavoro per vendere la versione di Gerusalemme delle sue fedi: la religiosa e quella politica. “Non c’è un pollice di Gerusalemme dove un profeta non abbia pregato e dove un angelo non si sia fermato”, diceva Ibn Abbas, cugino di Maometto, già nel VII secolo, poco dopo la conquista musulmana. “Non c’è un solo luogo costruito in questo paese che non abbia avuto prima una popolazione araba”, avrebbe aggiunto 13 secoli più tardi l’israeliano Moshe Dayan, unificatore della città dopo la vittoria nella guerra dei Sei Giorni del 1967.
Tratto da www.valigiablu.it Centinaia di morti nella striscia di Gaza vittime dei bombardamenti israeliani e almeno dieci cittadini israeliani uccisi dai razzi lanciati da Hamas. L’ennesimo riaccendersi - come se si fosse mai spento - del conflitto israelo-palestinese è ridotto a un bollettino di guerra con recriminazioni da entrambi i lati. Questo conflitto non è però solo uno scontro tra Hamas e Israele. Anzi, inizia a Gerusalemme ben 27 giorni prima del lancio del primo razzo. È un conflitto figlio di un mese di tensioni su cui la guerra a Gaza mette “un tappo” senza risolvere nulla. Eppure, questa nuova fase di violenza offre alcuni elementi di novità.